Louis Gundolf Simon Gietl Action

Simon Gietl e la via Goldfish sul Meru 6660m

Il tempo e l’attesa con Simon Gietl

È giugno e siamo in Dolomiti, ma potrebbe essere novembre e noi potremmo trovarci in mezzo a Singapore. Infatti, quel “Six to Nine” di cui parla Salewa nel suo concept creativo di una delle collezioni SS23 e che abbiamo sentito e letto ma raramente indagato, racchiude una chiave di lettura delle nostre giornate che è cruciale. Sono i cinque minuti più duri, quelli in cui devi raccogliere le energie ed alzarti dal letto e quelli in cui dopo lavoro devi preferire le scarpe alle ciabatte. Lo devi fare per te e indipendentemente dal lavoro o dagli impegni: sono le ore in cui la luce è fioca e la temperatura scende, dove il rumore svanisce e la mente si prende una pausa. Sono momenti che non ti regala nessuno se non te li prendi con volontà e decisione, ma che possono fare la differenza fra una giornata vissuta ed una giornata che hai osservato da spettatore.

Questa mattina camminiamo fra i deboli raggi che penetrano nel bosco e mentre osservo la rugiada pendere dai fili d’erba capisco cosa intendeva Simon Gietl, parte del team Salewa People, quando diceva che quelle ore non te le dà indietro nessuno, al di là che un ufficio ti aspetti alle 8 o meno. Lui, ad esempio, non ha nessuna scrivania alla quale sedere per otto ore eppure la mattina parte alle sei. Perché dormire se alle nove puoi avere già volato e colorato la tua giornata? Possiamo essere ovunque e fare qualsiasi cosa in un tempo che è per tutti e che non è regolato da niente.

Saliamo sul monte Elmo, il monte panoramico più bello delle Dolomiti di Sesto… e anche uno dei punti di decollo più immediati per chi vola. È vestito di nero Simon, e la sua vela color ghiaccio ne lascia trasparire la leggerezza. Come accade per i neonati che dopo aver imparato a strisciare, gattonare poi pian piano si levano in piedi e per i corridori che dai 5 km pian piano arrivano alle mezze, alle maratone e magari anche alle ultra… la naturale evoluzione di un alpinista è quella di arrivare prima o poi anche al volo. Così la vede Simon, la storia del parapendio. E su in aria sorvolando le sue Dolomiti, ha ancora nei pensieri l’India, il Meru e Goldfish e così ci ritroviamo in Dolomiti, a pensare ai 6660 di neve e ghiaccio indiani.

È un momento cruciale per Gietl, quello in cui i due alpinisti Roger Schaeli e Mathieu Maynadier lo hanno scelto e contattato per fare parte di questo secondo tentativo sul Meru dopo la spedizione del 2019 conclusasi con un ritiro forzato. Essere scelti per entrare in un team è per Simon il momento più importante dell’intera spedizione, più della vetta o del tiro chiave… forse perché ti fa rendere conto del valore che ti viene riconosciuto a livello tecnico e umano. Poi c’è il meteo e l’attesa che esso porta con sé; quando si parte per una spedizione, dopo mesi di pianificazione e preparazione, giorni di viaggio e notti insonni, tutto quello che si vorrebbe fare è partire per il proprio obiettivo e portarlo a casa con grinta nel minor tempo possibile. Se però le condizioni non lo permettono, è lì che l’attesa ti consuma. Quanto dovrò attendere per proseguire? E se non migliora? Le ore passano e sei lì, immobile, impotente. Due settimane infinite sono trascorse prima che la finestra ideale arrivasse: abbastanza neve per salire alla base con gli sci ai piedi e i nervi saldi per un forte pericolo di valanghe.

È così che l’11 maggio 2023 è iniziata la storia di Goldfish (M6+, A1), la nuova via in stile alpino sulla parete sud del Meru 6660m aperta dal trio di alpinisti in India. Problemi fisici e giornate infinite hanno preceduto il raggiungimento di quella notte accampati su un fungo spettacolare appena prima dell’ultimo passaggio chiave e di quel blocco terminale che chissà se sarebbe riuscito a superare. Le poche ore di sonno sono bastate alla mente per gioire una volta scoperto il tunnel sommitale che portava alla fine della via: 15 metri nel ghiaccio per venti minuti di tiro, per Simon uno dei più incredibili mai scalata. I suoi occhi si illuminano quando scorre fra le foto della galleria, immergendosi ancora una volta in quei posti, in venti minuti. Per lui – mi racconta – più che la vetta o il raggiungimento dell’obiettivo, un momento e un luogo del Meru rimarranno parte di lui. “Non puoi davvero descriverlo a parole, devi provarlo” dice del tunnel glaciale che ti separa dalla vetta, dove oltre a meravigliarti ti rendi veramente conto di avercela fatta. Lì è dove Mathieu si è preso un momento per dedicare la cordata ed il traguardo proprio a Simon – “perché se lo merita”. L’apprezzamento di un compagno, di un alpinista vale più di qualsiasi traguardo raggiunto. I momenti, i pensieri, le emozioni.

Simon Gietl e la sua via Goldfish sul Meru 6660m
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