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Il senso di Oriane Bertone per l’arrampicata

Ha appena 17 anni, ma è già un nome nel mondo del boulder e del climbing. Sogna le Olimpiadi, ma per il momento si accontenta” di fare incetta di risultati in Coppa del Mondo.

C’è chi a risolvere un boulder 8b+ ci mette una vita intera e chi ci riesce a 12 anni. Oriane Bertone fa decisamente parte di questa seconda categoria, e stiamo parlando dell’impresa da record su Golden Shadow, a Rocklands, Sud Africa, nel 2018.

Non solo: a gennaio, quando di anni comunque ne aveva appena 16 (è una classe 2005), ha risolto Karma (8a+), boulder problem situato a Fontainebleau tra i più leggendari del mondo, che nel 1995 era valso fama e plauso allo svizzero Fred Nicole. Per Oriane essere la più giovane climber a chiudere un 8b+ non è parso abbastanza e, nel 2019, ha ottenuto il titolo mondiale juniores di arrampicata e boulder e, dallo scorso anno, è entrata nella categoria seniores dove ha già messo le cose in chiaro: nel circuito di Coppa del Mondo ha già portato a casa una medaglia dargento, a Meringen. Dal 2022 è entrata inoltre a far parte come atleta nel team Black Diamond: diciamo che nel mondo dellarrampicata le vette le sta toccando tutte. 

Ci sentiamo su Zoom e sotto c’è un casino infernale, le dico che non sento proprio bene e lei si scusa, ma è in palestra e quello è langolo più silenzioso. Daltra parte inizia ad allenarsi alle 8 del mattino e va avanti fino a che resiste, “fino a che non mi dimentico che ore sono.” Nel momento in cui scrivo Oriane ha come obiettivo il campionato francese nel giro di una settimana e poi chiaramente la stagione della Coppa del Mondo. Punta ad arrivare in finale in almeno un paio dei circuiti più importanti, World Championship è un termine che ripete spesso, tipo mantra. Ma lobiettivo che scalpita sottopelle sono i cinque cerchi, anche se la ragazza è estremamente lucida e focalizzata, nonostante la giovane età: “amerei decisamente essere parte del team che rappresenterà la Francia alle prossime Olimpiadi, Parigi 2024, che per noi a maggior ragione si giocheranno in casa, ma non credo di aver ancora raggiunto il livello necessario. Sicuramente il pensiero ci va e mi sto allenando per questo, ma non sono sicura di riuscirci.” Dallo schermo del Mac non riesco a capire quanto sia modestia e quanto scaramanzia, ma a giudicare da quello che è già stata in grado di ottenere credo proprio ci riuscirà. 

Puoi vantare un curriculum da veterana del climbing, ma hai solo 16 anni. Quando hai cominciato ad arrampicare?
Quando ero piccola mia sorella faceva danza e io e mio fratello la accompagnavamo e dovevamo aspettare che finisse il suo allenamento, cosa che iniziò a non dispiacerci affatto perché, nella palestra dove praticava, cera anche una parete da arrampicata. È lì che ho provato la prima volta. Aspettavamo poi con ansia la volta successiva per provare vie e combinazioni nuove, ci piaceva metterci alla prova con prese sempre diverse.

Anche tuo fratello è un climber professionista, c’è competizione tra di voi?
Max è di poco più piccolo di me, ha 14 anni: anche lui è un climber internazionale e, se devo dire tutta la verità, sì, c’è competizione tra di noi. Come in una normale relazione tra fratello e sorella credo, ma con un pizzico di rivalità in più. In definitiva però credo che sia un bene perché questa è proprio una delle ragioni per cui sono progredita tanto in fretta nellarrampicata. Questa mia voglia costante di batterlo, contrapposta alla sua voglia costante di battermi, mi ha fatto diventare forte in fretta.

Credi che questa tua naturale propensione, questo istinto per il climbing, sia una sorta di dono?
Non me lo sono mai veramente chiesta, perché non ho mai pensato al mio modo di arrampicare come un dono, ma piuttosto come il frutto naturale di tanto allenamento. Non ci ho mai riflettuto troppo perché è successo e basta. Anche perché quando ero più piccola, a Reunion Island (fa parte dei territori doltremare francesi: amministrativamente è Francia, geograficamente è un’isola nel bel mezzo dellOceano Indiano, di fronte al Madagascar), arrampicavo soprattutto fuori, dove capitava spesso di dover affrontare dei boulder abbastanza tosti e questo mi ha fatto progredire allo stesso tempo anche nellarrampicata indoor. Credo sia in quel momento che ho iniziato a vedere questo sport come una costante nella mia vita, ma il fatto di riconoscerlo come una carriera è cosa recente in realtà, perché è una domanda immancabile in ogni intervista. Credo che ogni climber che arrivi a competere nella World Cup abbia dentro di sé una componente innata e una forza che gli altri non hanno, ma quello che io dico sempre a me stessa è che quello che ho adesso è frutto del mio allenamento, che è sempre stato massiccio.

Cosa hai pensato quando hai chiuso il tuo primo 8b+?
Non ne sono sicura, ero veramente molto giovane: avevo già risolto alcuni boulder tosti e mi sono messa alla prova anche con quello. È solo dopo che mi sono resa conto che effettivamente era stata una prova fatta davvero bene. Ero molto contenta, ma come tutte le volte che riuscivo in un boulder piuttosto duro. Non è stato così speciale in fin dei conti, o meglio, lo è stato perché ci ho messo un sacco di tempo a finirlo, probabilmente è quello in cui abbia impiegato più tempo in assoluto, ma non ho pensato che fosse speciale per il grado difficoltà, quanto proprio per larrampicata in sé. 

Come sta andando questo primo approccio alla categoria seniores?
È stato veramente un periodo pazzesco: non avrei mai creduto di poter raggiungere risultati così alti durante il primo anno. Mi ricordo ancora che prima della prima gara non credevo di potercela fare, e poi invece è semplicemente successo. In molti poi hanno iniziato a dirmi che per il momento ho già raggiunto un sacco di traguardi e che quindi devo prendere tutto quello che viene adesso in maniera rilassata: ho seguito questo consiglio e sono arrivata in finale. Credo che questo per il momento sia stato lanno più bello della mia vita. 

Senti mai la pressione nellessere identificata come enfant prodige dell’arrampicata?
Quando ho iniziato ad arrampicare seriamente mi sono resa conto che le persone che contavano su di me iniziavano ad aumentare e che dovevo costantemente dimostrare di essere la più forte, un talento unico. Quindi diciamo che la pressione lho sentita abbastanza forte fin da subito, ma fin da subito ho imparato come proteggermi ricordando a me stessa che faccio quello che faccio non per gli altri, ma per me e perché mi piace.